SIMONE CAMERLENGO

MATTEO COSTANZO

EMANUELE CAPRIOLI

LORENZO D’ALBA

CECILIA MENTASTI

CLARA SCOLA
ABBIAMO SEMINATO ERBA TRA LE PIETRE

A cura di Marta Orsola Sironi

  • Antico Nevaio

    15 Gennaio – 13 Febbraio 2022

Abbiamo seminato erba tra le pietre, mostra collettiva di Emanuele Caprioli, Matteo Costanzo, Simone Camerlengo, Lorenzo D’Alba, Cecilia Mentasti e Clara Scola a cura di Marta Orsola Sironi.

Nasce come tentativo di risposta a una quotidianità spesso cieca alle dinamiche e alle possibilità generative e poetiche che intessono la trama del reale. Si ispira all’immagine dell’erba di Henry Miller in Hamlet: l’erba che colma i vuoti, cresce nel mezzo, che è straripamento, e, dunque, lezione morale.

Abbiamo seminato erba tra le pietre muove proprio dalla necessità di dare visibilità a questo straripamento, a questa realtà che pulsa, si dirama e cresce ovunque può, senza chiedere il permesso, anche tra le pietre, anche se estirpata, falciata, calpestata e ignorata.

L’intento è aprire nel muro inconsapevole della quotidianità intercapedini, brecce, ciuffi d’erba, per ricordare a tutti che al di là delle scadenze e delle piccole cose di ogni giorno, c’è un mondo che merita attenzione e non può essere assimilato passivamente o dato per scontato.

Nelle pratiche di Emanuele Caprioli, Simone Camerlengo, Matteo Costanzo, Lorenzo D’Alba, Cecilia Mentasti e Clara Scola si riscontra, infatti, una volontà comune di mettere in discussione il dato di realtà e di portarne alla luce le potenzialità latenti.

Emanuele Caprioli sperimenta le possibilità poetiche delle proiezioni luminose come materia pittorica intangibile in uno spazio fisico.

Matteo Costanzo indaga i processi di generazione, manipolazione e trasmissione delle informazioni, per interrogarsi in merito alla natura umana e a quella dell’immagine.

Clara Scola unisce performance, video e installazione, ragionando sulla questione del genere e denunciando i ruoli e gli stereotipi che ancora condizionano la nostra società.

L’operazione artistica di Lorenzo D’Alba, proietta, invece, il pubblico in una natura altra, mettendone in discussione punti di vista e prospettive pre-date per suggerire nuove modalità di immedesimazione.

Similmente, anche se con esiti differenti, Simone Camerlengo intende i propri lavori come nomadi provenienti da un altrove, testimonianze di un viaggio, fotogrammi trascritti in pittura che si insinuano nello spazio, colonizzandolo.

Infine, Cecilia Mentasti espone la documentazione di un’opera performativa frutto di una riflessione sull’importanza dell’immaginazione e dell’invisibile nella pratica artistica.

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