DONATO CARLA’ | MELONISKI DA VILLACIDRO | STEVE MAGNANI
| ARCHITETTURE FANTASTICHE E RISONANZE ALCHEMICHE
A cura di Maria Palladino
Galleria Biffi Arte
21 Giugno – 11 Settembre 2024
L’idea ispiratrice di questa esposizione nasce dall’osservazione della situazione sociale e culturale degli ultimi anni, da indizi ricevuti nel corso del tempo e che hanno portato a riflettere sull’essenza della realtà stessa, sulla necessità di considerare questa come una soltanto delle infinite prospettive possibili, e sul bisogno di mettere in discussione ciò che ci circonda, conservando lo spirito critico e uno sguardo obbiettivo sul mondo. I periodi pre e postpandemico sembrano attraversati da una linea di demarcazione evidente, netta, incisiva, che pare tracciare un confine ben definito fra un prima e un dopo che hanno segnato innumerevoli cambiamenti a più livelli, in tutti i settori della società. Pertanto questa mostra desidera essere, con l’ausilio delle opere degli artisti che ne sono protagonisti, un invito a procedere oltre l’aspetto esteriore delle cose, per compiere un viaggio al di là della superficie, esplorando l’inconscio e la dimensione spirituale. Poiché solo scrutando all’interno è possibile riconoscere e prendere coscienza, e da lì iniziare ad operare il cambiamento.
Le premesse di questo viaggio si configurano di natura alchemica: un sapere mistico, filosofico, metafisico e soteriologico, di origine antichissima, si narra di matrice egizia, e che ha visto il suo termine nel XVIII sec., soppiantato dalla nascente scienza chimica. Questa conoscenza, basata sul principio del “solve et coagula”, la dissoluzione, condensazione e sublimazione, attraverso lo zolfo, il mercurio e il sale, della materia informe, mirava ad arrivare all’ottenimento della “pietra filosofale, ovvero la panacea di tutti i mali, la sapienza universale, la vita eterna. Si narra che la pietra fosse in grado anche di trasmutare i metalli vili in oro. Tale materia avrebbe avuto altresì un significato spirituale, un percorso di crescita e trasmutazione che coinvolgeva lo stesso alchimista, in un processo di successiva purificazione.
La mostra prende in esame, fra le varie tematiche, quelle del “viaggio iniziatico”: il viaggio di Ulisse, di Dante, di Polifilo, anche secondo lo studio che Carl Gustav Jung (1875 – 1961) fece della teoria alchemica, sarebbe un viaggio di individuazione, attraverso la scoperta del sé e la liberazione dell’io, ottenuta tramite la trasposizione in questa chiave degli archetipi, coinvolgendo l’immaginazione onirica.
L’osservazione e l’indagine delle opere esposte, attraverso il percorso stabilito fra esse, vuole porre inoltre l’osservatore in condizione di seguire un ideale filo conduttore che dall’intelletto razionale e analitico prosegue attraverso il godimento edonistico del reale rappresentato, ma sempre con accenti allusivi ad ulteriori, infiniti, plausibili stati dell’Essere (si vedano gli scritti filosofici di René Guénon) fino a giungere alla trascendenza e all’elevazione verso una consapevolezza superiore, ed una auspicabile illuminazione.
Donato Carlà, artista leccese, attivo particolarmente fra gli anni ’70 e ’80, e in seguito dopo gli anni ’90, laureato all’Accademia di Brera di Milano, ha conseguito poi la specializzazione all’Accademia di Belle Arti di Lecce. Dapprima soggetti prediletti dei suoi dipinti sono stati il Salento, gli scenari e le situazioni dei suoi luoghi d’origine, ritratti in maniera realistica, in una pittura dai colori terrosi e dall’acceso luminismo. Successivamente, la riflessione filosofica sull’uomo e sulla possibilità che questi ha di conoscere la realtà intorno a sé, tramite i suoi strumenti, convenzionali e limitati, lo hanno portato a sviluppare un proprio stile personale che egli definisce “realismo metafisico”: pur nella precisionistica cura dei dettagli che lo avvicina all’iperrealismo, il suo linguaggio associa in abbinamenti stranianti e sovente ironici, oggetti e situazioni dissimili e concettualmente lontani fra loro. Ciò per stimolare interrogativi circa la preponderanza dell’elemento razionale rispetto a quello immaginifico e creativo e viceversa; incitando l’osservatore a mettere in discussione quanto lo circonda, privilegiando apparentemente la purezza intellettuale e apollinea del ragionamento speculativo, la parte razionale della psiche umana, ma in realtà così facendo, mettendo in crisi questo stesso aspetto: non possiamo dire che quanto esperiamo con i nostri sensi, quello che è tangibile, sia la verità ultima. La facoltà visionaria dell’artista, attraverso il piacere estetico e l’empatia, apre una breccia su possibilità altre, che possiamo con i nostri mezzi soltanto intuire, e di fronte alle quali veniamo posti istintivamente, per realizzare ad un primo livello, che passato e futuro, così come lo spazio e il tempo, sono effettivamente soltanto nostri parametri. Che qualcosa d’altro sussiste, il fulcro di ogni cosa, il noumeno di là dal fenomeno, al quale, come alla veridicità, possiamo soltanto tendere ma mai arrivare; e forse è in questa continua e costante ricerca della conoscenza che risiede il senso genuino della vita umana.
Meloniski da Villacidro, artista sardo, si trasferisce a vivere in giovane età a Parigi e poi a Milano, viaggia in tutta Europa dove si confronta con gli esempi dei grandi maestri, nei maggiori musei del mondo. Il suo lavoro artistico è assimilabile al lavoro artigianale, poiché egli opera essenzialmente con gli elementi: nella pittura con l’aria, che è rappresentata dall’ampio respiro dei suoi scenari fantastici, dai toni brillanti e accesi; nella scultura in pietra, marmo, bronzo, legno, con la terra; nella ceramica con acqua e fuoco che agiscono sulla materia e la plasmano.
Di stampo apparentemente dionisiaco, i suoi lavori celano e rivelano al contempo, in maniera sottile, una complessa simbologia che indaga l’essere umano e il suo mondo, che è prettamente quello naturale, da cui questi si è allontanato per inseguire vane chimere. Nei dipinti vediamo fluttuare in cieli sereni cosparsi di stelle forme leggere, eteree: aquiloni, mongolfiere, pesci e altri personaggi fantastici si muovono sospesi, aleggiano su paesaggi di turriti grattacieli o palazzi fiabeschi, vagando su placidi mari o distese di campi, spesso sorretti da enigmatiche lune.
La musica è anch’essa protagonista, a sottolineare il suo stretto legame con le arti visive: strumenti e spartiti, anche in foggia di caratteri, rappresentano un altro dei leitmotiv.
I colori acrilici, la tempera e la china, sono associati a tecnica mista con i più svariati materiali, come nelle grafiche retouché: polveri metalliche, porporina, tessuti, sabbia e altre sostanze arricchiscono i manufatti di una consistenza tattile che conferisce loro una pregnanza spaziale.
Osservando le sue creazioni, che assumono talora accenti pop e lettristi, per la prevalenza data in alcuni casi alla parola, per l’emergere del segno grafico che colpisce e cattura subliminalmente il nostro interesse, ci troviamo a chiederci cosa in realtà sia celato dietro quelle atmosfere sognanti, surreali, che paiono improvvisamente acquisire le sembianze di sipari, di misteriose tende da circo.
Steve Magnani, pittore, videomaker, illustratore codognese, spazia nella sua ricerca artistica dalla pittura metafisico-surrealista, alla satira e alla grafica.
Nella sua opera pittorica, l’essere umano è raffigurato quale burattino fatto carne, dalle sembianze morbide e flessibili e dall’aspetto velatamente ingenuo e indifeso, sorretto e costretto da fili che stanno a significare le sovrastrutture imposte dal sistema, da cui egli, proprio a causa della sua fragilità, è manovrato e diretto, ma anche i blocchi autoindotti per interiore, innata debolezza.
L’artista sviluppa una sua peculiare simbologia, mediata dallo studio della filosofia indiana e della geometria sacra, come da suoi temi e motivi ricorrenti; le pitture sono evidentemente leggibili secondo più piani interpretativi: estetico, di significanza razionale, e di contenuto trascendente.
L’uomo è spronato a risvegliarsi, oltrepassando i diversi ostacoli che gli impediscono di arrivare all’illuminazione: dallo stato inferiore, simboleggiato da condotti e tubature che richiamano l’apparato gastro-intestinale, come a quello circolatorio, ossia delle necessità elementari; le pietre e i suoli dissestati, le costruzioni in rovina, templi e portali, costituiscono i resti del vecchio mondo, quello delle illusioni, destinato a crollare, quel velo di Maya che necessariamente deve cadere per rivelare il vero, e le vie d’accesso e superamento dell’umano attraverso la spiritualità.
Le sfere e gli elementi lineari che accompagnano questo processo di risalita verso l’Assoluto sono degli indicatori di passaggio, e allo stesso tempo si configurano quali guide che conducono l’ascensione alle tappe successive.
Agli ultimi stadi del processo di risveglio dell’individuo troviamo le astronavi: di forma evidentemente uterina, stanno a significare ciò che è eternamente presente, il divino, e al di sopra di esse, l’uovo cosmico che realizza infine l’unione con Dio, il Tutto.
La visione di questa tripersonale si propone di far nascere quesiti, incuriosire il visitatore incitandolo ad approfondire determinati motivi e spunti che possano sorgere da essa, a investigare nella propria interiorità e a sviluppare una maggiore inclinazione a superare l’apparenza per ricercarne l’intimo nucleo, ad ottimizzare il significato di questa poliedrica e caleidoscopica avventura terrena.