CARLA PIAZZA
| GLI ANNI DEL SURREALISMO
A cura di Rossella Farina
Antico Nevaio
9 Maggio – 7 Giugno 2025
La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria
Hans Arp
La Galleria Biffi Arte ospita Carla Piazza con una personale che riporta in luce il significativo periodo surrealista, un ventennio creativo che va dal 1980 al 2000. Questo arco temporale rappresenta la piena maturazione della sua affinità con le tematiche oniriche e trascendenti, già accennate negli anni della sua formazione accademica. In questa fase creativa, l’opera di Piazza si configura come un territorio liminale, sospeso tra la concretezza della realtà e la fluidità del sogno.
I dettagli minuziosi che popolano le sue tele non si limitano a descrivere, ma aprono varchi comunicativi verso una dimensione “altra”, un regno dell’inconscio dove i confini logici si dissolvono grazie a un’audace espansione degli stati di coscienza. Le prime opere degli anni ’80 testimoniano una marcata fascinazione per l’universo di Salvador Dalì. Questa “infatuazione” artistica si riflette nell’uso di una specifica gamma cromatica che l’artista abbandonerà in seguito.
Quadri come “Il Grande Costruttore”, “Malelingue” e “Il Parco e la Città” condividono una peculiare impostazione spaziale: lo spazio scenico, scelta non casuale che rivela un profondo interesse di Piazza per il mondo del teatro, suggerendo forse una lettura della realtà come una rappresentazione.
Verso la fine degli anni ottanta, si assiste ad una svolta cruciale nella sua ricerca artistica. Piazza intraprende un nuovo ciclo pittorico incentrato sull’intensa esplorazione del mondo mitologico femminile. Questo periodo culmina nella mostra degli anni novanta intitolata “Modranicht” (“Notte delle Madri”), interamente dedicata alla figura archetipica della Grande Madre.
Affrancata da qualsiasi velleità accademica, Piazza costruisce un universo ancestrale
denso di simbolismi pregnanti. Questi elementi costringono lo spettatore a un coinvolgimento attivo, quasi ad evocare la partecipazione ad un rito iniziatico.
Le Grandi Madri, figure carismatiche e potenti, esercitano un’attrazione irresistibile verso gli abissi dell’irrazionale. Fungono da guide verso una nuova genesi, un rinnovamento percettivo sollecitato dal forte impatto visivo delle opere.
Parallelamente a questo cambiamento tematico, la tavolozza cromatica si trasforma, divenendo prevalentemente notturna. La luce, elemento drammatico e rivelatore, emerge improvvisamente da fonti misteriose, accentuando il senso di enigma e sacralità. Opere come “Leda”, “La Grande Madre Nutrice”, “Afrodite”, “Le Grazie” (solo per citarne qualcuna) ostentano la loro deità in un silenzioso spazio metafisico.
Un gioco seduttivo che sussurra direttamente all’inconscio, risvegliando le eco sopite
dei miti primordiali, un invito ad intraprendere un viaggio inquietante e affascinante
nel cuore pulsante del surreale.
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