LA FORMA INQUIETA
| CARLO ZINELLI, LA LINEA DEL SOGNO
Fra Art Brut e scenari contemporanei
A cura di Giorgio Bedoni
Galleria Biffi Arte
26 Ottobre 2024 – 25 Gennaio 2025
La mostra celebra in Italia, nel cinquantesimo dalla scomparsa, Carlo Zinelli (1916-1974), tra i maggiori esponenti dell’Art Brut internazionale, oggi considerato tra i più originali autori italiani del secondo dopoguerra.
La vicenda artistica di Carlo Zinelli nasce alla fine degli anni Cinquanta e diviene ben presto l’oggetto di attenzioni da parte di vari intellettuali italiani: Alberto Moravia, Dino Buzzati, Alfredo Todisco. Grazie allo psichiatra Vittorino Andreoli e alla storica dell’arte Lorenza Trucchi un importante nucleo delle sue opere era stato acquisito agli inizi degli anni Sessanta dall’artista francese Jean Dubuffet per la sua allora nascente collezione dell’Art Brut e il valore di Carlo venne subito riconosciuto da André Breton e dal gruppo surrealista.
Le opere di Carlo, oggi conservate in grandi collezioni internazionali, sono il prodotto di una lente pittorica vera, nel cui spazio bidimensionale domina un linguaggio raffinato, caratterizzato da una serialità che sostiene le corde profonde della sua narrazione: arte che conferma come la ripetizione individui la ricerca di immagini preminenti, all’interno di un sistema simbolico nel quale l’oscurità e la magia del segno vivono nella tensione dialettica tra pieno e vuoto.
Le sue figure sintetiche e ieratiche sono memoria di linguaggi primitivisti e nella sua indagine sul corpo talvolta segnato da ferite che portano impresse il ricordo di esperienze dolorose, l’orrore vissuto nella guerra civile spagnola e il trauma psichico, Carlo intercetta una lunga stagione dell’arte occidentale.
Il percorso espositivo presenta i tre periodi che mostrano il chiaro itinerario evolutivo dell’opera di Zinelli, dagli esordi del 1957 ai primi anni Settanta. Opere che in mostra dialogano, per affinità tematiche e suggestioni dei linguaggi, con autori storici del Novecento e dell’età contemporanea: con Jean Dubuffet, che conia nel 1945 la nozione di “Art Brut”, con le poetiche surrealiste di Max Ernst e di André Masson, e con la serie di incisioni di Pablo Picasso che anticipano Guernica. Un dialogo che prosegue con l’anima antropologica e con le cartografie labirintiche di Maria Lai, “le cancellature” di Emilio Isgrò, la ripetizione ritmica di segni elementari di Giuseppe Capogrossi, le geografie visionarie di Simone Pellegrini.
Relazioni e affinità, infine, proseguono in mostra con tre autori dell’outsider art contemporanea: i dizionari animalier di Jodhaya-Bai e di Bhuri-Bai dall’India, Maurizio Zappon, “ZAP”, in opere che conservano tutta l’eco di guerre antiche, all’interno di una sequenza seriale che rimanda al mito, dunque ancora una volta alla dimensione omerica dell’autore brut. E, ancora, le figure metamorfiche del serbo Joskin Siljan, dove le linee cartografiche scorrono inquiete tra identità e volontari spaesamenti, figli delle turbolenze della storia.