MARISA MONTESISSA
| L’ETERNO FEMMININO FRA MACROCOSMO E MICROCOSMO
Antico Nevaio
9 – 27 novembre 2024
Marisa Montesissa ha trovato nel femminile il suo leit motiv, l’ ispirazione che la guida da sempre con la forza di un tema centrale. La mostra negli spazi dell’Antico Nevaio si pone come sintesi dei molteplici aspetti di questo delicato tema, ponendolo al centro di un nuovo contesto cosmico-vitale. Nell’opera principale del percorso espositivo, una suggestiva sequenza di cerchi concentrici che costruiscono il contesto cosmico-vitale in cui si sviluppa e si esprime l’eterno femminino, la donna domina la relazione tra cielo e terra in una serie di tipologie: la sirena, la madre, la fanciulla, la custode del focolare domestico, la vendicativa, l’accaparratrice, l’ingannatrice, la seduttrice. A questo cerchio esterno ne seguono altri tre, concentrici. In mezzo la terra come onfalos, attorno ad essa il cielo nei suoi simboli astrologici, seguono i quattro elementi originari: fuoco, aria, terra, acqua. In questa “ruota cosmica” che unisce microcosmo e macrocosmo, la donna svolge il ruolo di motore dell’universo. A questo punto il femminile abbandona il suo teatrino periferico a cui è relegato dalla società e acquista il significato simbolico universale dell’ “eterno femminino”, come un archetipo all’origine della vita e della morte nel cosmo, esattamente come narrano i Misteri eleusini, dove la madre Gaia generatrice di Proserpina abbandona la figlia negli inferi per sei mesi, in attesa di una nuova rigenerazione. La narrazione di Montesissa non si limita ad una rigida messa in scena di un dualismo muliebre di vita e morte, ma tenta di presentare l’infinità variabilità del femminile, all’origine delle dinamiche e dei destini ambigui del mondo. A questo punto anche la grande rivoluzione dell’emancipazione femminile, sbandierata come la svolta epocale operata dalla nostra generazione per un diverso destino della donna, acquista tratti più complessi e meno ideologici perché l’arte nel suo mestiere eretico si insinua tra le pieghe delle nostre presunzioni e del nostro scontento per rivelare orizzonti occultati nell’inconscio e nell’onirico dove la donna da sempre esercita il suo vantaggio competitivo e la sua seduzione sul maschile senza far rumore. In un panorama in cui non si sa più che cosa inventare per quello shock che giustificherebbe l’arte nel tempo della riproducibilità tecnica, Marisa Montesissa persegue pervicacemente il suo modello figurativo con il materiale plastico della creta, materiale povero che sa sfidare il tempo. L’impasto di acqua, terra e fuoco dona all’argilla una vita imperitura e gioca con la luce per donare un’anima e una vibrazione emozionante alle figure. L’opera monumentale presentata alla Biffi di Piacenza merita una particolare menzione anche per il coraggio di Montesissa nel cimentarsi con un progetto che onora la sua ricerca di indagare il tutto nel frammento, senza strizzare l’occhio al mercato e con la piena consapevolezza che per comunicare qualcosa di nuovo bisogna osare e andare controcorrente.